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Psicoterapia
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La psicoterapia è un percorso che segue una routine predeterminata: si concorda preventivamente un giorno ed un orario per la seduta, avviando così un’abitudine rassicurante tale da creare una base sicura, un costante punto di riferimento.
Per questo motivo l’interruzione estiva della psicoterapia, la cosiddetta pausa estiva, rappresenta un momento di stress per il paziente. Si tratta di un periodo che dura solitamente un mese e mezzo, quei giorni necessari anche al terapeuta per recuperare le energie dopo un anno di lavoro emotivamente e intellettualmente intenso, che va a modificare in modo significativo il setting terapeutico.
Quell’ appuntamento consueto, tanto benefico, viene a mancare e si vive l’esperienza della separazione con tutti i sentimenti che ne derivano: frustrazione, tristezza, rabbia, senso di abbandono.
Si può avere l’impressione che l’altro si sottragga proprio nel momento del bisogno. Per questo motivo è buona norma che paziente e terapeuta discutano molto prima questo argomento, preparando preventivamente il terreno.
Parlare in anticipo del futuro momento di pausa dalla psicoterapia può aiutare a definirne meglio i contorni e a non trovarsi impreparati quando, inevitabilmente, si dovranno comunicare al paziente le “ferie”. In alcuni casi una soluzione è rappresentata dalla possibilità, concessa dal terapeuta, di chiamarlo in un momento di crisi, in modo da fornire un supporto, seppure a distanza.
Presso il centro di psicologia e psicoterapia La Fenice a Roma Prati è prassi comune permettere ai pazienti di chiamare in caso di bisogno. La disponibilità del terapeuta a lasciarsi contattare offre un sollievo ed è anche un segnale del mantenimento del legame, che non decade a causa della pausa momentanea.
Il pericolo di una cattiva gestione: l’abbandono della terapia
Lo psicoterapeuta deve essere pronto e disponibile ad affrontare questa situazione di stress con il giusto spirito e l’attenzione necessaria. In particolare si pone l’esigenza di aiutare il paziente a comprendere la natura dei sentimenti sperimentati.
La relazione tra terapeuta e paziente, la possibilità di trovare rassicurazione, ascolto e comprensione rappresenta la base fondamentale della psicoterapia. Di conseguenza una cattiva gestione dei sentimenti che emergono nel momento dell’interruzione estiva può provocare un danno all’alleanza terapeutica, una lacerazione spesso irrecuperabile che può portare al crollo della terapia e ad un precoce abbandono del percorso terapeutico.
Basta davvero poco per compromettere quel legame sottile e fondamentale per il buon esito della psicoterapia.
L’interruzione estiva della terapia come occasione terapeutica
L’aspetto più rilevante della questione, però, è un altro.
Sebbene l’interruzione estiva della psicoterapia possa avere una deriva oscura, legata ai sentimenti negativi provati dal paziente, essa può essere letta anche come un’immensa opportunità terapeutica.
Parlare di come il paziente vive questa esperienza può, infatti, dischiudere contenuti che non vengono fuori durante le sedute di psicoterapia individuale, portandoli alla coscienza e rendendoli, quindi, materia di possibile elaborazione. Il paziente alle prese con il turbamento dovuto al distacco può entrare in contatto con tutti quei contenuti relativi al tema della dipendenza/indipendenza, della mancanza e dell’abbandono.
Possono emergere, in questo modo, ricordi sepolti provenienti dall’infanzia, quando da bambini si soffriva la solitudine dell’assenza o si è subita una perdita, mai realmente superata se non attraverso il meccanismo della rimozione e della negazione.
È compito del terapeuta, allora, aiutare il paziente a comprendere le radici del turbamento provato in modo spesso inconscio. In una situazione come questa, infatti, il paziente tende a vivere il momento in modo poco lucido poiché le sue emozioni sono inquinate dalle proiezioni: il senso di rabbia e tristezza che viene rovesciato sul terapeuta non è altro che il portato dei vissuti passati.
Inoltre, più questa momentanea separazione viene vissuta male e più il paziente tende a rimuovere e scindere per proteggersi da ciò che lo fa soffrire, innalzando difese sempre più impenetrabili. È il terapeuta a doversi rendere conto della cosa, facendola diventare oggetto di dialogo e, quindi, di riflessione comune.
In tal modo non solo si ha l’occasione di entrare in contatto con i contenuti rimossi, ma anche di porre il paziente di fronte alle distorsioni messe in atto nella relazione. Diviene, allora, importante analizzare anche i sogni del paziente, legati alle emozioni provate: navi che partono, il terapeuta che va via… immagini che riproducono nel chiuso della mente lo sconvolgimento in atto nell’universo emotivo di chi vede la propria terapia interrompersi in modo imprevisto.
La discussione sull’interruzione momentanea della terapia, inoltre, rappresenta anche un vero e proprio momento diagnostico durante il quale il terapeuta attento può raccogliere elementi importanti per il proprio intervento.
Il fine ultimo della psicoterapia: interiorizzare il terapeuta
In ultimo osserviamo come, in alcuni casi, la pausa estiva dalla psicoterapia con il venir meno degli appuntamenti cadenzati rappresenta di per sé un momento di metabolizzazione dei processi in atto. Il paziente reagisce alla perdita attraverso quello che può essere considerato uno dei sistemi di difesa più sani: l’identificazione. Concordando con Lacan nel dire che non possediamo un nucleo solido dell’io, ma siamo la somma dei nostri incontri, possiamo dire che il paziente interiorizza la figura del terapeuta. Ciò sta a significare che egli può arrivare a toccare quello che è l’obiettivo ultimo della terapia: sviluppare un modo di pensare più complesso e meno giudicante, accorgersi che la terapia fa parte integrante della propria identità e, in ultimo, assumersi la responsabilità della cura di sé stesso.
Interruzione estiva della psicoterapia
ultima modifica: 07/07/2017
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