sport immagine corporea psicanalisi 16 Mar 2018

BY: admin

Psicologia

Comments: Nessun commento

della dottoressa Federica Elia

Partendo dal significato etimologico della parola SPORT (dall’inglese Disport = divertimento; dal latino “divertere”= andare fuori, allontanarsi; quindi uscire dalla routine quotidiana, svagarsi, staccare la spina dal quotidiano…), vorrei soffermarmi su alcuni temi legati allo sport.

Il contesto sportivo è una POSSIBILITA’ e come tale se ne possono fari svariati usi, alcuni benefici, altri dannosi. Da un lato, lo sport offre la possibilità di ritrovare armonia ed equilibrio con il proprio corpo (fondamentale per tutti ma in modo particolare in quei casi in cui il corpo è diventato terreno di lotte e sofferenza – penso ai disordini del comportamento alimentare ma anche alle persone colpite da malattie, tumori, problematiche in cui il corpo è stato come “tradito” e ad un certo punto negato); dall’altro lato assistiamo non di rado a forme distorte  di pratica sportiva, in cui l’attività motoria diventa una dipendenza, una espressione di disagio forte, una attività ossessiva in cui il corpo non è amato ma sottoposto a continui maltrattamenti senza considerarne i bisogni, i tempi di riposo, le necessità fisiologiche e psicologiche di un organismo umano (penso all’eccesso di pratica sportiva in palestra da parte di uomini affetti da bigoressia o a tutte quelle forme di dipendenza dall’attività motoria in cui il confine fra passione ed ossessione viene superato a danno della persona).

Sport: l’unione di mente e corpo

Nel film, recentemente proiettato nelle sale cinematografiche, “La ragazza del treno” il tema del femminile e della violenza  –in molteplici forme – sulle donne è molto presente; una frase mi ha colpito di questo film e ve la voglio riportare all’attenzione brevemente: “Sto bene solo quando corro!….dice una delle donne del film, segnata da situazioni di grande sofferenza e dolore psicofisico.

Questa frase richiama da vicino un aspetto dello sport e dell’attività motoria a me molto caro: nello sport ci sentiamo UNITI, sentiamo che la mente ed il corpo sono la stessa cosa. Facciamo esperienza di una coesione del sé che a volte è difficile esperire in altri momenti della vita quotidiana. Fino ad arrivare ad esperienze di FLOW nella pratica sportiva agonistica…

Freud, nel 1923, diceva: “Il primissimo senso dell’Io è quello di un Io corporeo, la sensazione fisica della corporeità del sé e la comprensione delle sue possibilità e dei suoi limiti “ (Da “L’Io e l’Es”).

Poi sono passati anni e decenni prima che gli analisti si rendessero conto dell’importanza del corpo e si riappropriassero anche di questo prezioso strumento terapeutico, il corpo, a lungo negato nella tradizione psicoanalitica che nelle parole ha affogato l’incontro fisico, le strette di mano, un abbraccio a fine seduta, lo sguardo del paziente invisibile per un terapeuta che non lavora vis a vis.

Come psicoterapeuta e come atleta non faccio altro che trovare interconnessioni feconde fra pratica clinica e campo sportivo:

  • l’uso di metafore sportive nella stanza di analisi /l’uso di concetti della Psicologia del Sé e della Psicoanalisi Relazionale all’interno degli sport che pratico costantemente – beach volley e volley.
  •  Gratificazioni, rispecchiamento e ideali, co-costruzione dell’esperienza, rituale e spontaneità, creatività, riconoscimento della persona che è dietro all’atleta, espressione di sé attraverso il gesto motorio, il corpo e la parola, lo sviluppo di autostima (legata a cio che si è) e dell’autoefficacia (legata a ciò che si fa), assertività come equilibrio da ricercare fra modalità passive e modalità aggressive di porsi con l’altro.

Questi sono tutti campi di lavoro in cui lo sport e l’attività motoria rendono occasione di riflessione e di intervento.

Personalmente penso che la” conoscenza di sé” possa procedere parallelamente ed in modo interessante lungo due binari, quello del setting analitico e quello della individuazione del livello ottimale di attivazione fisiologica (arousal), con la conseguente messa a punto di stili personali di allenamento e prestazione sportiva, orientati a favorire una prestazione nel migliore stato del Sé possibile (“di cosa ho bisogno prima/durante/dopo la gara?).

Da notare che il termine “prestazione” è usato in senso lato, includendo molteplici forme ed espressioni in cui si può declinare una situazione ove il soggetto è chiamato ad esibirsi, mostrare le sue capacità, superare limiti, paure e resistenze ecc….. (ad es. un esame, un convegno in cui si deve parlare in pubblico, un evento particolarmente stressante  ove si debba esporre la propria opinione davanti ad una platea, una esibizione artistica, musicale….)

La metafora sportiva: “le idee prendono corpo”

Spesso in seduta con i pazienti mi capita di servirmi di METAFORE SPORTIVE, la cui incidenza nell’universo relazionale del setting analitico io trovo formidabile (es. nel tango la femminilità è un tema pervasivo ed una volta una paziente mi disse “Dipende da con chi ballo” – espressione diventata ora una sorta di proverbio/metafora per indicare in brevissimo tempo il concetto del non essere l’unica responsabile di dinamiche prestazionali e relazionali non ottimali o addirittura disastrose, vedendo la responsabilità come un qualcosa di essenzialmente co-costruito come nel ballo fra uomo e donna ).

La metafora sportiva è uno strumento eccellente per rendere viva, con la parola, l’esperienza della gara, della competizione con se stessi e con gli altri, della capacità di tenere duro di fronte alle difficoltà, ma anche di fare squadra in collaborazione con colleghi e amici. Uno strumento terapeutico in cui riesco a sentirmi in palestra anche quando sono in tailleur.

In questo caso, la metafora sportiva applicata alla danza del tango mi ha permesso di lavorare più facilmente ed agilmente su tematiche calde come: l’importanza dell’altro e della relazione con l’altro nel regolare i confini relazionali e delineare un Sé coeso  ed integrato; non farsi invadere; farsi portare, sviluppare fiducia, sapersi affidare.

Ancora, il valore ed il ruolo di un’attività sportiva ego sintonica, che fa bene e conferisce stabilità e benessere alla persona, mi sembra ben espresso in queste parole di una mia paziente, che chiamerò Tania, e che pratica uno sport individuale (ma poi esiste davvero uno sport individuale???): “Dottoressa, che malessere la mattina….il cuore mi esplodeva oggi. Tanta tensione, inconscia in parte. Le preoccupazioni sono sempre  più evidenti, forse devo rinunciare ad espormi, a farmi conoscere come professionista (lavora in campo aziendale ad alti livelli), lavoro meglio dietro le quinte…non ho voglia di mettermi in mostra. Mi sento agitata.   Per ritrovare la calma,alla fine mi sono messa a scrivere – butto giù qualcosa per l’intervento di maggio (che doveva preparare per un congresso a Madrid) e mentre scrivo ricompongo me stessa, le idee prendono corpo, ritrovo il piacere di “fare”.

Una frase, fra tutte, mi colpì di Tania: “ LE IDEE PRENDONO CORPO”, e gliela feci notare. Fu quello che chiamiamo “Insight”: “Quand’è che le cose prendono corpo per te, Tania?” – le chiesi.

“Quando scrivo, quando pedalo, allora sto bene, tutto il resto sparisce , sono io…resto io”.

Notammo insieme le affinità fra lo scrivere ed il pedalare: portare all’esterno, attraverso il movimento, qualcosa di sé, qualcosa di profondo, interiore, difficilmente verbalizzabile.

Tania è una donna con una storia complessa, portatrice di ferite che lasciano cicatrici indelebili nell’animo ma che stanno diventando tratti distintivi della sua identità, della sua unicità.

Non è questa la sede per esporre il caso in maniera completa, ma quello su cui vorrei concentrarmi e sensibilizzarvi è il passaggio seguente: “Le idee prendono corpo quando pedalo”.

Tania ha imparato a prendere il meglio dal suo amore per lo sport. Ora sa che, soprattutto nei momenti di crisi, quando rischia di sentirsi in balìa degli eventi e di restarne sopraffatta, può prendere la sua bici ed immergersi in un viaggio che, fra salite e discese, fra sforzi e respiri profondi, la rimettono in contatto con la propria unità mente-corpo. E lì non c’è posto né per la tachicardia né per il desiderio di sparire (“Lì ci sono io”.)

Con l’aiuto di metafore sportive possiamo mettere in scena temi come la competizione sana vs l’invidia, riflettere su figure idealizzate che aiutano a costruire valori e fanno da modello (un allenatore vs un padre o un insegnate delle scuole medie rimasto nella memoria come un oggetto-sé idealizzante  di grande significato).

Nei momenti in cui un paziente si sente svantaggiato e senza risorse, so di potergli parlare in termini di resilienza  e capacità di reazione, come se dovesse recuperare una partita in cui sta nettamente perdendo, recuperare quei punti facendo leva sulle proprie risorse, concentrandosi su quello che sa fare  invece che puntare il dito sugli errori…superare lo svantaggio, fare il sorpasso; imparare dalle sconfitte, sentirsi stimolato dalle sfide con la consapevolezza che in gioco non c’è tanto il suo valore come persona, ma semplicemente una prestazione, una performance che potrà sempre essere migliorata.

Credo nello sport come opportunità per conoscersi e per esplorare il nostro modo di funzionare nel rapporto con se stessi (es. il dialogo interiore, le convinzioni e credenze che ognuno di noi ha su se stesso) e con gli altri.

Sport e immagine corporea

Altre volte purtroppo le cose non vanno lisce e il contesto sportivo si delinea come un campo fertile per l’instaurarsi di disagio e forme di dipendenza (dismorfofobia, ossessione per la linea, eccessivo perfezionismo, bigoressia maschile, fuga dalla realtà, chiusura nei confronti di contesti “altri” rispetto a quello sportivo.)

In questi casi assistiamo spesso a situazioni in cui la costante preoccupazione per l’apparenza fisica e per il risultato cela problematiche legate alla identità in soggetti che al corpo ed alla prestazione delegano e rimandano interamente il compito di dire e mostrare CHI SONO IO.

Nel delicato periodo dell’adolescenza, in cui le inquietudini legate alle trasformazioni in corso comportano spesso uno sconvolgimento dell’identità accompagnato da angoscia e depressione, lo sport può proporsi come una risposta soddisfacente: per costruirsi una identità gli atleti investono se stessi nella pratica sportiva. Il problema nasce quando TUTTA l’identità del soggetto finisce per riassumersi nell’oggetto sportivo: le sensazioni di forza e di superamento dei propri limiti si trasformano allora nel senso stesso della vita. Queste persone esistono solo grazie alla prestazione sportiva.

La cosa più importante diventa così l’unica cosa importante.

Tuttavia, se essere un atleta è un momento della vita, essere una persona è tutto il resto.

L’attività sportiva può dunque fungere da coadiuvante nel faticoso processo di costruzione dell’identità ma, se usata come unico investimento di sé, può capovolgersi fino a diventare una dipendenza o una massiccia impalcatura di sintomi, dissociazioni e falso sé.

Lo sport è quindi  terreno fertile per l’instaurarsi di meccanismi stressanti, anche in dosi massicce. Ma, allo stesso tempo, fornisce preziose opportunità per mettere alla prova i propri strumenti di coping e sperimentare se stessi in situazioni critiche, il cui superamento fa crescere in forza, autoconsapevolezza e autostima.

Il tema è vastissimo, ma un fattore da osservare sempre, a mio avviso, è che l’attività sportiva venga portata avanti all’interno di un ambiente relazionale vivo che favorisca il confronto e l’accettazione di sé, mai in una dimensione di isolamento, eccessive restrizioni e tirannide rivolta contro se stessi  (“se non raggiungo questo obiettivo non valgo niente”).

Come già detto, la parola SPORT deriva dall’inglese DISPORT (divertimento), ossia da “divergere”, andare lontano, andare fuori, fuori dalla routine quotidiana, svagarsi, dunque uscire dalla noia di tutti i giorni: VITALITA’ DEL SE’ – questo il ruolo e la funzione principe di ogni attività sportiva, a qualunque livello e in qualunque disciplina.   Potremmo provare a non dimenticarlo.

Bene, in un mondo che viaggia sull’immagine, sul protagonismo, sullo stare sotto i riflettori, che pronuncia 100 “io” ogni 2 timidi “noi”, mi piace immaginare squadre di persone che lavorano come il vento, di cui non si vede l’azione, ma il suo risultato.

Il movimento è uno strumento di conoscenza e di relazione, è azione connessa ad intenzioni, scopi e regole sociali, ed ha sempre un aspetto intersoggettivo, ma , per avere significato, necessita di qualcuno che lo riconosca come tale.

Il nostro corpo ha bisogno di ascoltarsi attraverso il movimento.

 

Vorrei concludere con una bellissima frase  di un grande uomo, atleta, modello di vita e di vitalità:

“ALLA FINE LO SPORT, TUTTO LO SPORT, E’ QUESTO. GUARDARE  QUALCUNO CHE OTTIENE UN GRANDE RISULTATO SIGNIFICA ENTRARE NEL PERCORSO CHE LO HA PORTATO OGNI GIORNO A METTERSI IN GIOCO  E FARE IL MEGLIO CHE POTEVA.

TI FA DIRE: LO POSSO FARE ANCH’IO . ANCORA DI PIU’ SE SEI DI FRONTE AD UNO CHE E’ PARTITO SENZA GAMBE, BRACCIA, VISTA O CON UN HANDICAP MENTALE.

TI FA CAPIRE CHE QUELLO CHE CONTA E’ IL DESIDERIO: SE HAI DAVVERO DECISO DOVE ANDARE, L’ULTIMO TUO PROBLEMA E’ DIVENTARE CAMPIONE. TI BASTA FARE QUELLA COSA LI’.

E MAGARI DIVENTI ANCHE CAMPIONE,

L’ENTUSIASMO E’ UNA SPINTA FORTE.”    (ALEX ZANARDI).

In fondo, le nostre passioni forgiano il nostro particolare ed unico modo di essere analisti, le metafore che usiamo in analisi, il nostro personale lessico analitico…queste cose derivano spesso dalle nostre passioni e dal modo in cui le integriamo nella nostra formazione.

Scrivere è come fare sport: tiriamo fuori quello che abbiamo dentro.

E se questa non è Psicoanalisi…

Su questo sito utilizziamo strumenti nostri o di terze parti che memorizzano piccoli file (cookie) sul tuo dispositivo. I cookie sono normalmente usati per permettere al sito di funzionare correttamente (cookie tecnici), per generare statistiche di uso/navigazione (cookie statistici) e per pubblicizzare opportunamente i nostri servizi/prodotti (cookie di profilazione). Possiamo usare direttamente i cookie tecnici, ma hai il diritto di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazione. Abilitando questi cookie, ci aiuti ad offrirti una esperienza migliore con noi.