rivelare sentimenti in psicoterapi paziente t 02 Ott 2019

BY: admin

Psicoterapia

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Perché la terapia funzioni è necessario riuscire a instaurare con il paziente un rapporto genuino, basato sulla reciproca fiducia, sull’apertura all’altro, sulla capacità di ascolto e l’empatia. Irvin Yalom è convinto che ci sia bisogno anche di un certo grado di trasparenza nella relazione. Una trasparenza che tocca vari ambiti: quello del funzionamento della terapia, di cui abbiamo trattato in un articolo precedente, quello dei propri sentimenti vissuti nell’ambito della seduta, quello della propria vita privata.

È arrivato il momento di parlare e approfondire proprio l’aspetto dei sentimenti del terapeuta.

I sentimenti nel qui-e-ora: una bussola nel rapporto terapeutico

I sentimenti, le emozioni che il terapeuta sperimenta durante la seduta, di fronte al paziente sono dati preziosi. Sono elementi che si aggiungono al quadro e possono avere un valore, costituire una leva, uno spunto prezioso per portare la terapia a un livello superiore, per sbloccare alcune situazioni o anche aprire la strada a nuovi temi e questioni non affrontate.

Ciò non significa che il terapeuta dovrebbe comunicare sempre e comunque ciò che prova, in modo del tutto indiscriminato. L’apertura ha un limite preciso: il beneficio che ne può trarre il paziente. Prima di rivelare i proprio sentimenti nel qui-e-ora è necessario domandarsi se la rivelazione è nell’interesse del paziente.

Per spiegare questa posizione, nel libro “Il dono della terapia”, Yalom propone un esempio pratico, tratto da una vera seduta di psicoterapia con un proprio paziente. Durante i loro colloqui il terapeuta si rende conto che spesso il paziente descrive episodi problematici della propria vita, ma arrivato al punto clou, lascia in sospeso il discorso. Non racconta mai il seguito della vicenda e, di conseguenza, lo psicoterapeuta prova due diversi sentimenti: da un lato si sente escluso, tagliato fuori e dall’altro sperimenta un’intensa (e umana) curiosità.

Yalom si domanda cosa è successo quando il suo paziente ha affrontato il capo ufficio per chiedere un aumento o se è mai riuscito a chiedere un appuntamento alla compagna di stanza della sua ex fidanzata.

Si rende perfettamente conto che parte del suo desiderio di conoscere il resto della storia ha un che di voyeuristico.

Ma, allo stesso tempo, percepisce che i suoi sentimenti possono offrirgli una chiave di lettura importante, dei dati utili per facilitare la psicoterapia e il percorso che sta affrontando con la persona che si trova davanti. Forse il paziente pensa che il terapeuta non abbia un reale interesse nei suoi confronti, che non gli importi nulla della sua vita, delle sue esperienze. Forse lo vede soltanto come “una macchina senza curiosità e desideri”.

Così, Yalom decide di affrontare apertamente la questione e di rivelare i propri pensieri e sentimenti vissuti nel qui-e-ora, nell’ambito della terapia, al paziente. Ne discutono insieme e quest’apertura porta un beneficio. L’uomo, infatti, spiega cosa lo frena e perché si comporta in un determinato modo: preferisce pensare al terapeuta come a una persona non reale, idealizzandolo, mettendolo su un altro piano. Il suo timore, infatti, è quello di scoprire mancanze e difetti, tutte quelle caratteristiche che fanno del terapeuta un “comune mortale”.

Ha paura di perdere fiducia in lui.

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