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Psicoterapia
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Famiglie divise: diversi approcci all’evento della separazione
Indice
All’interno del volume “Famiglie divise”, un capitolo molto interessante è dedicato ai possibili interventi con le famiglie separate. Il discorso di apre con una breve panoramica dei vari approcci al tema della separazione e del divorzio.
Nei diversi contesti culturali, l’evento della separazione e del divorzio viene affrontato in ottica diversa. Ci sono, in pratica, diversi modi di affrontare questa particolare situazione.
Se si fa riferimento alla letteratura americana, per esempio, quello che emerge è un approccio di tipo pragmatico. L’attenzione si concentra sull’individuazione delle azioni e dei compiti di ciascun componente della famiglia che si sta separando. Lo scopo ultimo è quello di riuscire a realizzare un buon adattamento alla nuova situazione in cui ci si trova dopo la separazione, concentrandosi anche sul controllo di aspetti irrazionali della relazione. In questo ambito, si dà grande rilevanza agli accordi legati alla separazione e all’intervento degli operatori psico-sociali e giuridici come mediatori tra le diverse parti.
Se invece si indaga la letteratura francese sull’argomento, ci si rende conto che l’aspetto preso maggiormente in considerazione è quello legato ai significati che investono il processo di separazione/divorzio. Si considera, in particolare, l’idea della rottura interna di un equilibrio che causa nei soggetti interessati angoscia e che porta al consulto da uno specialista. Ciò su cui si lavora è la ferita narcisistica inflitta dall’evento separazione/divorzio. Bisogna elaborare il senso di perdita di identità, il fallimento. Per questo, i servizi psico-sociali vengono visti come uno spazio di contenimento, in cui l’individuo può trovare aiuto per riscoprire le risorse necessarie ad affrontare il sentimento di angoscia, la confusione e il disordine che regnano dopo una separazione.
In Italia, invece, si evidenzia l’assenza di una cultura centrata sulla coppia. Come evidenziano Emilio Masina e Giovanna Montinari, le ricerche si sono sempre concentrate piuttosto su modi ed effetti della separazione o del divorzio sui figli.
Separazione giuridica e separazione psicologica
La separazione è un processo estremamente complesso, qualcosa che evidenzia disfunzioni a livelli relazionale. Disfunzioni tanto più problematiche quanto maggiore è l’incongruità tra la separazione formale, che ha a che fare con la distanza, il vivere in case diverse, il condurre esistente divise, e la separazione psicologica ed emotiva tra i membri del nucleo familiare.
La famiglia, dal punto di vista psicologico, è il luogo della crescita mentale degli individui, anche e soprattutto attraverso lo sviluppo di relazioni. Lo stesso conflitto, che può esprimersi nella litigiosità o in altre forme, è un legame che serve a soddisfare istante psichiche profonde. Tanto è vero che, durante diverse fasi del processo di separazione, si può assistere a un riemergere del conflitto quasi per bisogno, per necessità.
Da anni ormai sono cambiati i criteri legati all’affidamento dei figli quando una coppia si divide. Il criterio che è andato imponendosi è quello di valutare la capacità genitoriale anche in base alla disponibilità di ciascuno dei genitori a consentire all’altro di mantenere una relazione stabile con il figlio. Questo perché, nel corso del tempo, è apparso evidente come la possibilità di avere un rapporto con il genitore non affidatario e, allo stesso tempo, una relazione tranquilla tra i due partner separati, preserva i figli da reazioni psicopatologiche. Le relazioni parentali, infatti, restano stabili nella configurazione affettiva interna dell’individuo, anche se si trasformano nel corso dell’esistenza dell’individuo.
Ciò significa che i diversi interventi come la mediazione o la psicoterapia non sono intercambiabili tra di loro. L’uno non si sostituisce l’altro. Ciascuno di essi ha un’importanza e rappresenta un livello di intervento diverso nel processo della separazione. Processo che non si identifica con l’atto di divorzio o con la richiesta di affido dei figli, con la forma concreta, giuridica che definisce i rapporti “esteriori”. È qualcosa che ha a che fare, invece, con la fase psicologica e relazionale che si sta attraversando.
La consulenza, nelle fasi preliminari del percorso che porta alla separazione giuridica, serve ai due partner a trovare modi alternativi di relazionarsi tra loro, dando modo ai figli di mantenere un legame con entrambi i genitori e di essere coscienti che loro continueranno a sostenerli, amarli e prendersi cura di loro, nonostante la rottura. Allo stesso modo, la separazione vera e proprio non dovrebbe comportare necessariamente l’interruzione della terapia di coppia, intrapresa con la motivazione espressa di recuperare il rapporto ma necessaria e utile a trovare il modo di distanziarsi rispetto a una situazione non più funzionale alla crescita dei due partner.
Divorzio e responsabilità genitoriale devono rimanere due entità distinte. Lasciarsi non deve significare recidere e interrompere per sempre le relazioni parentali. Nella mente del bambino la trama familiare sarà sempre rappresentata da quel nucleo originario, anche se diviso e non più esistente nel concreto.
In questo contesto, spesso la chiave di volta può essere rappresentata dal rapporto tra fratelli, che consente di mantenere un senso di continuità.
Un esempio concreto di separazione con figli: la famiglia G.
Per comprendere le diverse dinamiche psicologiche in gioco nell’ambito del processo di separazione è utile fare un esempio concreto. Nel capitolo viene proposto il caso della famiglia G. che chiede un consulto per la figlia, Marta di 13 anni. La ragazza adolescente ha difficoltà a integrarsi a scuola con il gruppo dei compagni coetanei e a casa non comunica, si chiude in sé stessa.
Entrambi i genitori vengono da esperienze affettive precedenti.
La madre, di nazionalità latinoamericana, ha avuto un rapporto con un uomo anglosassone, da cui ha avuto proprio Marta. Il suo attuale compagno, invece, ha una figlia da una relazione precedente, una ragazza di nome Marina che vive con loro e che al momento della richiesta di aiuto ha 16 anni. C’è poi un terzo figlio, un bambino nato dall’attuale relazione, che ha 4 anni e ha avuto bisogno di una terapia per disturbi del linguaggio. Sembra che il problema sia derivato da una particolare situazione: l’esigenza del bambino di esprimersi in una lingua, cioè lo spagnolo, con la madre e la babysitter, e in un’altra lingua, l’italiano, con il padre, la nonna e la sorella. Il bambino piccolo, dunque, ha trovato difficoltà nell’integrare le sue varie appartenenze linguistiche.
Su questo bambino vengono proiettate le speranze della nuova famiglia. Il piccolo rappresenta le aspettative riguardo il futuro di questo nuovo nucleo familiare composto da individui che vengono da situazioni particolari.
Entrambe le ragazze sembrano quasi fare a gara per prendersi cura di lui.
È interessante notare che le due figlie, Marta e Marina, sono accomunate da un’esperienza simile, quella cioè di aver vissuto con un solo genitore.
Marina è stata abbandonata dalla madre a due anni e da quel momento in poi la sua famiglia sono stati il padre e la nonna. In un secondo momento, si è cercato di metterla in contatto con la madre in modo sporadico, ma i tentativi sono stati deludenti e fallimentari. Tanto che la ragazza ora dichiara apertamente di non essere interessata a incontrare la madre, per lei è praticamente un’estranea.
Marta, invece, non ha potuto conoscere il padre. Ha ricevuto, però, l’appoggio della sorella della madre, che per lei ha rappresentato un vero punto di riferimento, insieme al marito di lei. Marta sente la sua mancanza, ma non può raggiungerlo perché si trova oltreoceano. C’è una vera e propria distanza fisica a separarli.
Il terapeuta, in questo caso, svolge colloqui singoli con le ragazze che si dimostrano estremamente utili a comprendere i problemi affrontati e a collocarli nel contesto della fase della vita che stanno attraversando, cioè l’adolescenza. Inoltre, il dialogo con le due ragazze permette anche di far emergere le loro difficoltà nel trovare alleanze, cosa che i genitori hanno dato per scontata.
Per Marta il trasferimento dall’America Latina in Italia rappresenta una regressione, il passaggio in un contesto completamente diverso in cui ha perso le autonome acquisite nel suo paese di origine. A ciò si aggiunge anche il dover sopportare il controllo da parte della sorella maggiore acquisita, di fatto impostale dalla relazione tra la madre e il compagno. Allo stesso tempo, Marina si trova nella situazione di dover inserire la nuova arrivata, la sorella minore acquisita, nel suo gruppo. Un compito che le assegna un ruolo ma che, allo stesso tempo, le crea sentimenti negativi di gelosia e preoccupazione per la possibilità di perdere quel posto che sta riuscendo a guadagnarsi lentamente.
Di fatto, entrambe le ragazze soffrono e provano sentimenti di ambivalenza legati alla situazione che stanno vivendo, cioè la formazione della nuova coppia tra i loro rispettivi genitori. È una dinamica che porta alla riapertura delle vecchie ferite, al riaccendersi del dolore legato all’esperienza dell’abbandono subita nell’infanzia, al timore e all’angoscia per la possibilità di perdere quel particolare rapporto privilegiato sviluppato con il singolo genitore con cui si è vissuto, padre o madre che sia a causa della nuova configurazione familiare. Entrambe non hanno mai avuto a che fare con una coppia genitoriale, se non quella in cui uno dei due è fisicamente assente. Inoltre, le attenzioni che vengono riversate sul fratellino, ultimo nato e simbolo dell’unione in essere, si configura come esperienza riparativa.
I problemi si evidenziano anche a livello di coppia genitoriale: ogni volta che la moglie torna nel paese di origine, si manifesta una profonda angoscia, un’ansia di perdita. L’intero sistema familiare poggia su un equilibrio delicato ed è giocato su dinamiche contrastanti. Ciascuno, infatti, chiede all’altro un avvicinamento, la possibilità di integrare le varie parti e creare una comune appartenenza. Ma ogni volta che questo avvicinamento emotivo avviene, si innescano situazioni dolorose, le ferite del passato tornano a bruciare e il dolore causa conflitto e quindi chiusura, mancanza di comunicazione.
Il percorso di psicoterapia intrapreso da questa famiglia ha consentito di fare chiarezza, mettendo in connessione e comunicazione passato e presente.