BY: admin
Psicologia
Comments: Nessun commento
Nel 1964 viene pubblicato un libro destinato, nelle intenzioni del suo autore principale, ad avvicinare il grande pubblico alle teorie psicologiche sviluppate nel corso della sua intera esistenza: è L’uomo e i suoi simboli di Carl Gustav Jung, realizzato in collaborazione con Joseph L. Henderson, Marie-Louise von Franz, Jolande Jacobi e Aniela Jaffé, quattro dei suoi più stretti collaboratori. Un libro che parla dei sogni e che nasce, secondo le parole di chi lo introduce, proprio grazie ad un sogno che convinse Jung stesso a dedicarsi a questo lavoro nonostante le iniziali resistenze.
Sono i sogni il punto di partenza della riflessione, queste creazioni apparentemente casuali e tanto comuni da passare inosservate ai più, che rappresentano, invece, lo strumento privilegiato per accedere alla dimensione inconscia che giace al di sotto della soglia della nostra vita psichica.
Messo da parte il metodo della libera associazione, utilizzato da Freud e applicabile a qualsiasi stimolo e suggestione, Jung ricerca la natura profonda dei sogni, arrivando a sostenere che “il sogno è un fatto intorno al quale non è lecito elaborare alcuna tesi preconcetta tranne che esso rivela qualche verità e costituisce un modo di espressione dell’inconscio”.
In poche parole non esiste un sistema univoco e universale sulla base del quale interpretare i simboli che emergono durante il sonno poiché il sogno è un’espressione integrale dell’inconscio individuale.
In particolare l’attività onirica sembrerebbe avere un ruolo di compensazione nel ristabilire lo status psichico, mettendo in comunicazione conscio e inconscio, la cui integrazione appare fondamentale per la salute mentale.
La nostra vita quotidiana, infatti, ci sottopone ad una serie di influenze che disturbano la coscienza, senza che essa possa difendersi: tutto ciò induce ad assumere atteggiamenti che non si adattano alla nostra personalità e il sogno, con i suoi simboli, rappresenta una sorta di campanello di allarme, un’indicazione proveniente dalla nostra parte profonda, sotterrata dalla civilizzazione ma ancora presente.
Concetto fondamentale all’interno di questa riflessione è quello di processo di individuazione, attraverso il quale l’Io e il Sé si avvicinano, conscio e inconscio si integrano, imparando a completarsi a vicenda: l’essere umano trova così la propria strada per la realizzazione personale, divenendo realmente individuo, dotato di una propria peculiare personalità.
Il processo di individuazione si configura, allora, come un percorso di acquisizione di consapevolezza su sé stessi.
Il processo di individuazione: l’ombra, l’anima e l’animus
È inevitabile, allora, che lungo il percorso di conoscenza si facciano degli incontri e il primo è sicuramente quello con l’Ombra.
L’Ombra è una parte della personalità e raccoglie tutti quegli aspetti che non si desidera conoscere troppo da vicino, caratteristiche e vizi che più facilmente si è propensi ad attribuire agli altri: egotismo, pigrizia mentale… è la nostra ombra che vediamo negli altri, che proiettiamo al di fuori di noi stessi, non accettandola e scindendola.
È necessario capire che la negatività dell’Ombra esiste perché essa si pone in rapporto dialettico con l’Io cosciente, frutto dell’educazione e di regole imposte. Conoscere la propria Ombra, questo alter ego negativo, serve ad evitare di dividere il mondo in bianco e nero, in io “buono” e mondo “cattivo”, a renderci più disponibili al dialogo e all’autocoscienza.
Ad un secondo livello si collocano, invece, Anima e Animus che si presentano come altro “elemento interiore” l’una negli uomini e l’altro nelle donne. All’interno di ogni individuo, infatti, è presente una componente del sesso opposto, la cui struttura dipende, in larga parte, dal particolare rapporto intrattenuto con il genitore (padre/madre).
L’Anima, dunque, è la parte inconscia femminile nell’uomo, portatrice di una serie di caratteri legati all’irrazionalità, alla sensibilità e al sentimento della natura e da essa dipende il modo con il quale l’individuo si rapporta proprio con le donne.
L’Animus, invece, rappresenta il complesso maschile nella donna e si manifesta solitamente in caratteri di raziocinio, come “intima convinzione sacra”. Entrambi i complessi, ciascuno a proprio modo, possono rivelarsi come demoni di morte e al contempo costituire una guida interiore nel momento in cui vengano riconosciuti e sviluppati armonicamente.