BY: admin
Psicoterapia
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Qual è lo strumento più potente ed efficace del terapeuta? Il terapeuta stesso, risponde Irvin Yalom, in uno dei passaggi più interessanti del suo libro “Il dono della terapia”.
Spesso si parla di orientamenti terapeutici, di tecniche come l’uso dello psicodramma o la scultura di coppia, di processi come il transfert, ma ci si dimentica di focalizzare l’attenzione su un aspetto centrale: il terapeuta accompagna il paziente in un viaggio, lo sostiene, gli sta accanto e gli mostra la strada grazie al proprio esempio personale.
La terapia si fonda su una relazione intima, su una vicinanza, su una disponibilità che parte anche da questo. Cioè dalla capacità del terapeuta stesso di scavare dentro di sé, avere familiarità con il proprio lato oscuro tanto da essere capace di immedesimarsi in qualsiasi desiderio e pulsione umana. Una capacità che si sviluppa anche grazie alla terapia personale.
Di fatto, dice Yalom, la parte più importante della formazione di un terapeuta è proprio la psicoterapia personale, il percorso di autoanalisi che lo studente che vuole diventare terapeuta intraprende. Un percorso che gli consente di sperimentare il processo terapeutico in prima persona, sulla sedia del paziente e dal suo punto di vista.
È così che il futuro terapeuta prova sulla propria pelle tutte quelle dinamiche che entrano in gioco durante un percorso di questo tipo: la tendenza a idealizzare il terapeuta, il desiderio di dipendere da lui ma anche il senso di gratitudine che si sperimenta nel sentirsi accolti da un ascoltatore attento, non giudicante, aperto.
Quest’esperienza consente di lavorare sulle proprie nevrosi, ma anche di imparare a scoprire quali sono le proprie mancanze, i punti ciechi. Ma non è qualcosa che si consiglia esclusivamente ai giovani, agli studenti che si stanno specializzando e che vogliono intraprendere la professione. L’analisi di sé, la scoperta di sé è un processo lungo, che dovrebbe essere messo in atto nelle diverse fasi della propria vita.
Sperimentare approcci terapeutici diversi: no alla rigidità e al dogmatismo
Yalom propone come esempio la sua stessa esperienza di vita e terapia. Lui si è sottoposto a una lunga psicoanalisi di tipo freudiano, cinque volte a settimana, per un totale di oltre settecento ore di incontri con l’analista. E questo soltanto durante il periodo di stage psichiatrico. Poi ha intrapreso un percorso di analisi con Charles Rycroft, a cui sono seguiti altri due anni con un terapeuta della gestalt. Poi ancora tre anni di terapia con un esperto in terapia interpersonale ed esistenziale e una serie di altre esperienze, tra loro molto diverse e varie, dalla bioenergetica, alla comportamentale.
Ciò che caratterizza questo percorso è proprio la non rigidità, la volontà di esplorare più approcci diversi, senza fossilizzarsi su un’unica impostazione come fosse un dogma inamovibile. Questo procedimento consente di acquisire consapevolezza e comprensione della forza dei vari approcci terapeutici, sperimentandolo in quanto paziente. Naturalmente, dice Yalom, il tipo di metodo scelto di volta in volta deve essere adatto al disagio sperimentato.
Fare psicoterapia in fasi diverse della propria vita
Altra caratteristica di questo modo di procedere per quel che riguarda la psicoterapia personale è legato al fatto che Yalom si è sottoposto a questi percorsi in fasi diverse della propria vita. Non solo nel periodo di formazione, all’inizio della carriera.
Ma in momenti diversi e per affrontare sfide e problemi diversi. Per esempio, egli confessa che soltanto nel momento in cui ha cominciato a occuparsi di pazienti in punto di morte, ha anche cominciato a sperimentare ansia e disagio di fronte al pensiero della morte. A quel punto, ha pensato di esplorare quest’angoscia esistenziale, trasformando il disagio provato in un’opportunità di più profonda conoscenza di sé e del proprio mondo interiore.