Virginia Satir terapia familiare 24 Mar 2019

BY: admin

Psicoterapia

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Virgina Satir è una delle pioniere della terapia familiare, il cui modo di lavorare con i pazienti non è descrivibile attraverso tecniche o una teoria specifica. I cardini della sua pratica terapeutica, infatti, si riscoprono nell’incrollabile fiducia nell’essere umano e nelle sue potenzialità di cambiamento e di crescita, oltre che nell’empatia e nella capacità di valorizzare le emozioni dei singoli individui.

La stessa Satir non amava parlare di tecniche poiché temeva che il suo pensiero e il suo modello di lavoro venissero ridotti a una specie di formula, una ricetta pronta per formare dei “tecnici della famiglia” più che dei terapeuti familiari. Ella sperava che ogni terapeuta fosse in grado di ritrovare in sé stesso il proprio modo di essere e intervenire, attraverso sensibilità e intelligenza.

La stima di sé e la sofferenza psichica

Virginia Satir pone al centro della propria riflessione il concetto di “stima di sé”, considerato come il nucleo fondamentale dello sviluppo dell’individuo. La stima di sé non ha soltanto a che fare con la consapevolezza e l’accettazione di sé stessi, ma anche con la capacità di entrare in contatto con la propria verità emotiva e di esprimerla appieno.

Partendo da questo presupposto, Satir ritiene che la sofferenza psichica nasca da una bassa autostima, che si lega a un sistema familiare fondato su regole rigide e confuse, il cui equilibrio si mantiene andando in contrasto con i bisogni personali di crescita di ciascun membro del nucleo familiare. All’interno della famiglia, infatti, si creano dei modelli di interazioni tra i membri che hanno a che fare con i ruoli familiari, i compiti e le funzioni. Ma si creano anche delle regole emozionali non esplicitate, non dette, che sottostanno alle relazioni all’interno del sistema. Si tratta di divieti, inibizioni e interdetti che producono sofferenza nel singolo. Quest’ultimo, per proteggersi, sviluppa dei meccanismi di difesa primitivi che permettono di gestire la crisi. Le paure irrisolte sprofondano nell’inconscio, ma guidano di riflesso le reazioni.

Le regole emozionali, secondo Satir, si costruiscono nel tempo, nell’ambito di un percorso storico che rimanda alla famiglia d’origine. Per questo può essere utile la ricostruzione della storia familiare su tre generazioni, anche con forme di drammatizzazione non-verbale.

La relazione terapeutica e l’empatia

Secondo Satir, la relazione terapeutica si fonda sul contatto empatico con le persone. La formazione tecnica, la conoscenza delle teorie fondamentali non sono sufficienti a dare forma a una buona relazione terapeutica, che è uno dei veicoli del cambiamento e dell’uscita dallo stato di sofferenza. La partecipazione emotiva mette in sintonia paziente e terapeuta.

Proprio per questo, nella sua pratica clinica, Satir fa sentire il paziente apprezzato e gratificato. Dato che la sofferenza psichica nasce dalla bassa autostima e da un contesto che alimenta un circolo vizioso, Satir fa sperimentare a chi ha davanti un sostegno vero, riuscendo a valorizzare quelle differenze, quegli aspetti del singolo che talvolta vengono presi a pretesto per emarginarlo. Riesce a dare valore a queste caratteristiche dell’individuo.

L’empatia, inoltre, permette di attivare le risorse del paziente e della famiglia, che si mettono attivamente alla ricerca di soluzioni nuove ai propri problemi. Secondo questa prospettiva, il terapeuta non si pone come un maestro o un giudice, qualcuno in grado di insegnare una qualche verità. Il suo compito è quello di affiancare il paziente e la famiglia e di attivare il processo con il quale possono trovare autonomamente soluzioni e risorse per affrontare il disagio e la sofferenza.

Questa concezione porta con sé anche un altro concetto importante. Quello secondo il quale il terapeuta non è un osservatore neutro, esterno, che si limita a studiare la situazione. Egli partecipa, è parte integrante del campo di intervento. Le sue stesse reazioni emotive, quando non sono inibenti, diventano un indice per la comprensione e la condivisione dell’atmosfera affettiva della famiglia che viene in terapia. Sono una sonda esplorativa, una risorsa da utilizzare.

La scultura familiare e la ricostruzione familiare

Nell’ambito della psicoterapia, Virgina Satir utilizza una vasta serie di metodi sperimentali empirici, che vanno dalla bioenergetica allo psicodramma, passando per la terapia gestalt. Utilizza un approccio multi-sensoriale. In particolare, Satir utilizza la scultura familiare e la ricostruzione familiare.

La scultura familiare consiste in una rappresentazione della famiglia in cui i vari membri vengono chiamati a riprodurre le modalità abituali di comportamento e interazione reciproca. Talvolta, per enfatizzare alcune sequenze di interazione, viene introdotto anche il movimento. È una forma di drammatizzazione che consente di lasciar emergere parole ed emozioni con le quali si esprime il vissuto di ciascuno. La scultura familiare viene realizzata all’interno di un contesto costruito in modo creativo, perché i membri della famiglia possano provare un’esperienza emotiva intensa che consente di sentire, dire, ascoltare ed essere ascoltati più profondamente. Inoltre, eleva la stima di sé e consente di avviare momenti di trasformazione del sistema famiglia.

La ricostruzione familiare, invece, consiste nel ripercorre la storia della famiglia indietro per tre generazioni, partendo da ricordi di avvenimenti e fatti di epoche precise. Successivamente, usando varie tecniche, dal role playing psicodrammatico alla scultura familiare, si mettono in scena e ricostruiscono rappresentazioni che fanno riferimento alle famiglie di origine dei genitori, al loro incontro, al matrimonio e alle vicende successive, dalla nascita di ciascun figlio alle vicende vissute come traumatiche.

Si tratta di un’esperienza molto forte, che permette di avere una nuova visione delle relazioni, di avvenimenti e vissuti del passato. Consentono, come dice Virgina Satir, di “vedere vecchie situazioni con occhi nuovi”. Il cardine del lavoro terapeutico, infatti, è la possibilità di ri-narrare e rivisitare la propria storia.

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