genitore mestiere impossibile psicoterapia roma prati 07 Gen 2022

BY: admin

Psicologia

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Fare il genitore è un mestiere impossibile.

Questa potrebbe sembrare una frase banale, l’esternazione di un padre o di una madre diviso tra le mille incombenze della vita quotidiana, il lavoro e la cura dei propri figli.

In realtà, in queste poche parole si nasconde una grande verità.

Di fatto, non esiste una ricetta per essere un buon genitore perché, come dice il grande filosofo esistenzialista Jean-Paul Sartre, l’uomo è l’unico ente nel quale l’esistenza precede l’essenza. Prima esiste, poi costruisce da sé il proprio significato, la propria definizione.

Applicando questo concetto al genitore, possiamo dire che non esiste una modalità preconfezionata di essere genitore, non c’è una formula di sicura efficacia, un metodo valido per tutti.

Il modo di essere genitore va ogni volta pensato, potremmo dire inventato in base a una serie infinita di variabili, al contesto in cui si vive, al periodo storico, al tipo di società, alla predisposizione e al carattere del bambino che ci si trova di fronte.

L’approccio che usiamo con un figlio, il primogenito magari, potrebbe non essere quello più indicato per il fratellino o la sorellina minore. Questo perché ciascun individuo è unico, diverso, ha caratteristiche sue proprie.

Per quanto ci si sforzi, il modo di rapportarsi con lui o con lei non può essere il medesimo.

Il cattivo genitore e il buon genitore

Dunque, non esiste un modello unico e assoluto di buon genitore a cui fare riferimento. Non c’è uno schema, una definizione a cui aggrapparsi.

Di fronte a questa evidenza, una madre o un padre potrebbero reagire arroccandosi in un atteggiamento rigido, che è il contrario di quanto sarebbe necessario. Così finisce col prendere a prestito da altri un metodo educativo, che si tratti di quello messo in pratica dai propri genitori, di quanto appreso da un libro, o della teoria di un pedagogista, applicandolo in modo costante nel tempo, senza adattarlo alla situazione contingente.

Di fatto, smette di pensare e di interrogarsi sul modo migliore per entrare in contatto con il proprio figlio. Non si mette in discussione e questo può arrecare seri danni nello sviluppo del bambino.

Seguendo questo ragionamento, arriviamo alla definizione di buon genitore e cattivo genitore secondo la psicologia lacaniana, di cui Massimo Recalcati è massimo esponente e portavoce in Italia.

Il cattivo genitore è colui (o colei) che smette di cercare di capire, che non è in grado di accettare di essere in rapporto con la propria mancanza.

Il buon genitore, invece, è colui che sa stare in rapporto con la mancanza poiché si rende conto che l’essenza dell’essere umano è la trascendenza, l’evoluzione. Non crede mai di essere il migliore, si rende conto dell’impossibilità di essere un padre o una madre perfetta. Non sente la mancanza come un vuoto, ma piuttosto come un desiderio e una spinta a comprendere meglio, di volta in volta.

Il buon genitore è colui che impara per prove e tentativi, che fa tesoro degli errori, che ha anche il dono dell’improvvisazione poiché i casi della vita lo mettono sempre di fronte a nuove sfide.

Qualsiasi genitore che abbia dubbi su di sé, sulle proprie capacità rispetto al ruolo che ricopre, ha le caratteristiche di un buon genitore.

Un genitore troppo convinto e sicuro del proprio modo di approcciare alle situazioni, che non si interroga, probabilmente è un cattivo genitore.

Proprio per questi motivi, possiamo dire che le coppie che chiedono una terapia, che cercano un supporto alla propria famiglia e scelgono di intraprendere un percorso di sostegno alla genitorialità, sono sempre dei buoni genitori.

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