Istruzioni per rendersi infelici relazioni amore comunicazione 12 Ago 2019

BY: admin

Psicologia

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Nella prima parte del piccolo saggio di Watzlawick “Istruzioni per rendersi infelici”, l’autore spiega in modo ironico tutta una serie di meccanismi che comportamenti e atteggiamenti mentali che compromettono la nostra serenità.

Meccanismi che scattano in automatico, di cui non ci rendiamo conto e in cui, riflettendoci bene, ci riconosciamo. Per esempio, nell’uomo che cerca la chiave sotto il lampione, anche se l’ha perduta altrove, si ritrova il nevrotico che continua imperterrito a mettere in atto una certa azione esteriore, senza raggiungere nessun risultato concreto.

Questo perché cerca di risolvere un problema psicologico, guardando all’esterno, mettendo in atto un’azione concreta che non può in alcun modo influire sul suo mondo interiore.

Nella seconda parte, invece, Watzlawick si dedica “all’inferno barocco dei rapporti umani” e lo fa partendo dalla logica e dalla comunicazione, chiamando in causa Bertrand Russell. Come evidenzia l’autore, il filosofo Bertrand Russell ha evidenziato come sia necessario distinguere tra le proposizioni oggettive, che esprimono la qualità delle cose come esse sono, e le proposizioni che esprimono una relazione.

Proposizioni oggettive e proposizioni che esprimono una relazione

Se io dico “Questa mela è rossa” sto parlando di una caratteristica intrinseca della mela. È una proposizione oggettiva. Se, invece, dico “Questa mela è più grande di quella” sto esponendo la relazione tra le due mele. Questo tipo di proposizione non ha a che fare con l’una o l’altra mela né “l’essere più grande” è caratteristica di uno dei due oggetti. Fin qui siamo sul piano della logica. Questo concetto, ripreso dallo psicologo, antropologo e sociologo Gregory Bateson viene espanso: in ogni comunicazione esistono entrambe le proposizioni, due diversi livelli: quello oggettivo e quello relazionale.

Così si capisce la grande difficoltà nella comunicazione con l’altro, in special modo con il partner.

Watzlawick fa un esempio semplicissimo e, per questo estremamente efficace. Poniamo il caso che una donna chieda al marito se gli piace la minestra che ha preparato con una nuova ricetta. Se al marito piace potrà rispondere di sì in totale sicurezza. Se non gli piace, e non ha timore di deludere la moglie, potrà rispondere di no. Ma si pone un problema se la minestra è disgustosa e il marito non vuole offendere la moglie. È un problema basato proprio sulla compresenza dei due livelli nella comunicazione.

A livello oggettivo dovrebbe rispondere di no.

A livello relazione, per non guastare il rapporto e non deludere l’aspettativa della donna, dovrebbe dire sì. Può trovare un escamotage, dire magari che la minestra ha un sapore interessante. Ma una simile risposta è fuorviante. E può indurre la donna a credere che il marito abbia apprezzato la ricetta così tanto da volergliela riproporre in futuro.

Un altro esempio è la richiesta, fatta da una persona a cui teniamo: Ti dispiacerebbe accompagnarmi in aeroporto domani mattina? Anche in questo caso ci sono due livelli di comunicazione, quello relativo al dato oggettivo e quello che riguarda la relazione. Bisognerebbe rispondere in via separata a ciascuno di essi. A livello oggettivo “No, andare all’aeroporto non mi attira per niente”. Mentre a livello relazionale la risposta sarebbe “Ma faccio volentieri il favore di accompagnarti”. Una risposta che ha a che fare con chi ha fatto la domanda, non con la richiesta in sé.

È evidente che il mescolamento di questi due piani può complicare molto i rapporti e rendere la comunicazione una vera e propria arma a doppio taglio. Così comprendendo come funziona, dice Watzlawick, è semplice scambiare i piani, confonderli in modo intenzionale, per “rendersi infelici”.

Chi mi ama ha qualcosa che non va: il paradosso di Groucho Marx

Tra le tante tecniche per rendersi infelici c’è quella di non riconoscere ciò che la vita ci offre attraverso il partner. Pensare costantemente che se siamo amati è perché l’altro non vale nulla proprio perché siamo noi stessi a non valere. Il tutto viene espresso bene da una frase di Groucho Marx che dice: “non mi passerebbe mai neanche per la testa di iscrivermi a un club che sia disposto ad accettare tra i suoi membri uno come me”. Cosa significa? Significa che la considerazione che abbiamo di noi stessi influenza le nostre relazioni in modo profondo.

Se riteniamo di non valere, se non abbiamo un adeguato livello di autostima, questo si riverserà sul modo in cui guardiamo agli altri. Chi ci dà attenzioni è disprezzabile perché ama o comunque considera qualcuno che non merita nulla. Se ci si ritiene non meritevoli di amore, si penserà che chi ci dà amore, rispetto, fiducia, ha qualcosa che non va. Per questo si tenderà a costruire relazioni insoddisfacenti. Oppure ci si innamorerà di qualcuno ritenuto irraggiungibile, che non si concederà mai. Questo perché, se si concedesse, perderebbe subito ogni attrattiva.

La vita come un gioco a somma zero

L’ultimo capitolo di “Istruzioni per rendersi infelici” parte dalla teoria dei giochi, una disciplina della matematica che analizza e studia le decisioni di un soggetto in una situazione di conflitto o interazione strategica con altri soggetti rivali. Decisioni che sono finalizzate al massimo guadagno per ogni soggetto.

Esistono giochi a somma zero e giochi a somma diversa da zero.

Nel primo caso, la perdita di un giocatore significa la vincita dell’altro. Vincita e perdita sommate insieme danno zero. Nel caso di giochi a somma diversa da zero, invece, vincita e perdita non si pareggiano. La loro somma può essere superiore o inferiore a zero. In questo tipo di giochi entrambi i giocatori possono vincere o perdere insieme. L’esempio lampante fatto dall’autore è lo sciopero in cui perdono entrambi i giocatori o entità sociali coinvolte: i dipendenti e la direzione aziendale.

Spostando questo ragionamento sul piano delle relazioni tra partner ci si può domandare: un rapporto tra marito e moglie, tra fidanzati o conviventi, è un gioco a somma zero o diversa da zero? Spesso e volentieri, trattiamo questo genere di relazioni come giochi a somma zero. In una discussione, per esempio, ci si sente vincitori quando si ha ragione e si dimostra che l’altro ha torto e, quindi, ha perso. Basta che uno dei due utilizzi questa prospettiva o interpreti la vita come gioco a somma zero perché il rapporto funzioni così.

Si giochi dunque a somma zero a livello relazionale e si stia pur certi che a livello oggettivo tutto andrà lentamente ma sicuramente in rovina” scrive Watzlawick. Questo perché giocare o meglio relazionarsi in questo modo, usando un atteggiamento che ci porta sempre a voler superare l’altro, come in una sfida, ci impedisce di focalizzarsi sul vero avversario: la vita stessa. La vita, infatti, è un gioco a somma diversa da zero in cui si può vincere o perdere insieme. Occorrerebbe smettere di voler battere il partner e pensarlo, invece, come un alleato.

L’uomo è infelice perché non sa di essere felice, conclude l’autore, citando “I Demoni” di Dostoevskij. Una conclusione semplice quanto complicata.

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