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Psicoterapia
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L’adolescenza è un periodo della vita di forti e rapidissimi cambiamenti non solo a livello fisico, ormonale e anatomico, ma anche a livello psicologico. Il ragazzo adolescente vive una vera e propria crisi di identità poiché in questo momento della sua esistenza si avvia all’abbandono di modelli di tipo infantile per strutturare la propria personalità adulta.
Egli mette in discussione la propria identità proprio per poterla definire e maturare l’idea che ha di sé stesso. Si tratta di un processo non lineare, con un andamento che può prevedere dei balzi in avanti e dei passi indietro e anche delle fasi regressive in cui si ripropongono modalità e schemi di comportamento infantili.
Quello che deve ricordare ogni genitore è che in tutto questo non c’è nulla di patologico o preoccupante.
Si tratta di un processo naturale e necessario di crescita che passa anche attraverso la ribellione adolescenziale, la sfida all’autorità e l’allontanamento dai genitori. In questa fase, importantissima per lo sviluppo del singolo individuo, il ragazzo si avvia a diventare un adulto autonomo e indipendete, con un suo proprio percorso personale.
Le derive dell’adolescenza: quando diventare grandi diventa un problema
Indice
I problemi adolescenziali veri e propri sono altri, che possono discendere da una difficoltà nell’affrontare il cambiamento in atto. Alcune delle problematiche più diffuse tra i ragazzi durante questa “età difficile” sono:
- Autolesionismo
- Fase depressiva vera e propria
- Chiusura e isolamento sociale
- Disturbi alimentari come anoressia e bulimia, che in una fase di cambiamento fisico possono acutizzarsi
- Abuso di droghe o alcool
- Disturbi d’ansia e dell’umore
In questo articolo, in particolare approfondiremo i fenomeni dell’autolesionismo e della depressione in età adolescenziale. Spiegando anche quali sono i segnali che un genitore può cogliere per intervenire e aiutare il proprio figlio a uscire da una situazione di disagio e sofferenza.
Autolesionismo negli adolescenti
L’autolesionismo si esprime solitamente nella forma dei tagli eseguiti sul corpo con oggetti affilati come lamette, forbici, pezzi di vetro in punti che possono essere nascosti. In questo primo caso di parla di “cutting”, parola inglese che serve a definire l’atto di tagliarsi ripetutamente la pelle.
Ma l’autolesionismo negli adolescenti può anche prendere la forma delle bruciature di sigaretta, inflitte su parti del corpo non visibili. In termini tecnici lo si definisce “burning”.
Esiste anche una forma nota come “branding”, che indica il marchiarsi a fuoco con un ferro rovente o con un altro strumento adatto.
È un fenomeno che esprime un forte disagio psicologico, una sofferenza che l’adolescente non riesce a comunicare.
Si tratta di una pratica che potrebbe far pensare al suicidio ma in realtà è connessa alla volontà di provare dolore fisico che serve nella maggior parte dei casi a spostare l’attenzione dal dolore e dal vuoto. Si infliggono ferite al proprio corpo per cercare di non sentire un dolore che è tutto emotivo.
Le condotte autolesive possono verificarsi in relazione a un profondo vuoto interiore, legato a un trauma o a un abuso. In quel caso, la pratica di tagliarsi o ferirsi in qualche altro modo serve a mettersi in contatto con con la vita. Il sangue che scorre, il taglio, la sensazione di sofferenza fisica consentono di riconnettersi con la realtà, quando la mente se ne distacca per difendersi da un’esperienza traumatizzata. Ma questo comportamento può derivare anche dal sentirsi soli in momenti difficili, quando emozioni negative come tristezza e rabbia prevalgono e non si ha un luogo sicuro in cui rifugiarsi, il supporto di qualcuno che possa confortare.
L’autolesionismo negli adolescenti è in crescita, ed è anche favorito da una sorta di moda e dalla presenza su internet di siti web in cui i ragazzi condividono questo tipo di esperienza e arrivano anche a incitare gli altri all’autolesionismo.
Depressione negli adolescenti
Gli adolescenti devono vivere il lutto della perdita della propria infanzia, affrontare un cambiamento naturale ma imprevisto poiché non possono scegliere in che direzione andrà il loro corpo ed è possibile che questa situazione inneschi un problema a livello di umore.
I sintomi della depressione in adolescenza sono l’apatia, la perdita di interesse verso ogni cosa, l’isolamento e il distacco da amici e parenti, la perdita del sonno, la mancanza di motivazione o entusiasmo per le attività, gli hobby, gli interessi.
Problemi adolescenziali, i segnali di allarme per i genitori
Considerando, dunque, tutti i problemi nei quali può cadere un figlio adolescente, maschio o femmina che sia, quali sono i segnali, i campanelli d’allarme ai quali un genitore dovrebbe prestare attenzione per poter intervenire il più presto possibile?
Innanzitutto un forte segnale può provenire dal luogo in cui il ragazzo passa la maggior parte del suo tempo cioè la scuola. Il rendimento scolastico è un indicatore da tenere sempre in grande considerazione. Un calo repentino dei voti di un ragazzo adolescente può essere sintomo di un disagio che si ripercuote sull’attenzione, sulla capacità di studiare e sulla motivazione e che porta, quindi, a un abbassamento della media scolastica.
Un altro campanello di allarme di allarme dovrebbe scattare quando un figlio adolescente manifesta apatia e sembra non riuscire a trovare alcuno stimolo. Il disinteresse nei giovani talvolta è normale e fisiologico, ma c’è il rischio che l’indolenza si trasformi in apatia giovanile, causata da un contesto poco stimolante, dalla bassa autostima e dall’assenza di gratificazione. Ci si può trovare di fronte a un ragazzo che fatica a trovare un senso o uno scopo, che passa le giornate tra letto e divano, senza concludere nulla.
A differenza di quello che si crede comunemente, inoltre, la preoccupazione dovrebbe scattare quando l’adolescente dimostra difficoltà a emanciparsi dai genitori e ad assumersi le proprie responsabilità. Non bisogna preoccuparsi troppo di fronte ai conflitti con i genitori e alla ribellione adolescenziale, sana e necessaria per un processo di autoaffermazione.
Piuttosto è l’incapacità di prendere decisioni, continuando a proporre modelli infantili, che dovrebbe instillare nel genitore il dubbio che il proprio figlio abbia un problema, si trovi in una situazione di crisi.
Altro importantissimo segnale da considerare sono le relazioni sociali del ragazzo in età adolescenziale: se il ragazzo si isola, tende a chiudersi in casa o si allontana e non sembra avere rapporti con i propri coetanei, è possibile che stia vivendo un forte disagio.
Infine anche l’aspetto fisico del figlio può dare motivo di riflessione: la trascuratezza può essere un segnale forte di scarsa autostima e mancata accettazione oltre che di assenza di stimoli.
Come comportarsi con un figlio adolescente? L’errore più comune tra i genitori
Quando un figlio entra nella fase dell’adolescenza un genitore può essere spaventato, pensare di non riconoscere in quell’individuo ribelle o silenzioso il bambino che ha cresciuto con amore e fatica.
Ribadiamo che la sfida contro l’autorità è un comportamento normale e sanissimo poiché è intesa come possibilità di mettersi alla stessa altezza del genitore e di cominciare a vederlo come un normalissimo essere umano, al di là della mitizzazione dell’infanzia, con i suoi pregi e difetti.
Quello che un genitore, però, non dovrebbe fare è assumere un atteggiamento amicale nei confronti del figlio, trasformarsi in compagno, quasi in complice. Questo perché un simile comportamento crea confusione tra i due ruoli, genitore e amico, e mette spesso il genitore nella condizione di non saper dire di no.
Occorre trovare un equilibrio tra la vecchia figura del genitore normativo e punitivo e questa nuova modalità di entrare in relazione con i figli che risulta altrettanto deleteria. Il genitore di un ragazzo adolescente deve essere disponibile a capire l’impatto emotivo dei cambiamenti che il figlio subisce, disponibile all’ascolto, né troppo tollerante né troppo repressivo.
Prevenzione dei problemi in adolescenza
Naturalmente esiste anche una fase di prevenzione dei problemi e disturbi adolescenziali. A parer nostro il luogo primo in cui effettuare degli interventi volti a prevenire il disagio negli adolescenti è proprio la scuola.
È necessario che vi siano degli incontri preparatori nei quali esperti psicologi e terapeuti possano entrare in relazione con i ragazzi per poter parlare di queste situazioni e per poter dar modo ai giovani stessi di esprimere emotivamente quello che sentono. Questo perché spesso i ragazzi vivono nell’illusione che quello che stanno provando loro sia unico, che nessun altro sia nella stessa situazione.
Poterne parlare annulla quest’illusione e li aiuta a ritrovare l’equilibrio.
Per quel che riguarda, invece, l’ambito strettamente familiare è possibile per i genitori aderire a un programma di parent training e sostegno alla genitorialità durante il quale vengono espressi dubbi e perplessità riguardo questa fase di passaggio e si imparano le tecniche e le strategie più adeguate per sostenere il proprio figlio, comprenderlo e aiutarlo lungo il suo percorso di crescita.
In tal modo possono essere attivate delle nuove modalità di dialogo e capire come ascoltare i cambiamenti anziché sanzionarli.
La psicoterapia con ragazzi adolescenti
Nel caso il proprio figlio adolescente manifesti un disagio è sempre possibile ricorrere a un percorso di psicoterapia che può aiutare il ragazzo stesso o i genitori a uscire dal malessere.
Solitamente l’intervento psicoterapeutico per adolescenti prevede un primo incontro di valutazione con i soli genitori perché il terapeuta possa comprendere lo schema familiare, le dinamiche e le relazioni all’interno del nucleo familiare.
Successivamente si lavora con il ragazzo e, mensilmente, si fanno incontri di report con i genitori. In linea di principio, infatti, si lavora anche con i genitori ma l’andamento e le modalità della psicoterapia cambiano a seconda delle differenti specifiche situazioni.
L’elemento fondamentale per poter condurre una psicoterapia con gli adolescenti è che il ragazzo stesso sia favorevole. Se il ragazzo non vuole incontrare un terapeuta non può essere in alcun modo costretto e si può continuare a lavorare con madre e padre per aiutarli.
Il consenso dell’adolescente è assolutamente fondamentale sia per una forma di rispetto nei confronti dell’individuo dotato di una sua personalità sia perché la psicoterapia stessa si fonda sulla collaborazione tra paziente e terapeuta. Il mancato consenso è esso stesso un fallimento del lavoro terapeutico.