L’EMDR (acronimo di Eye movement desensitization and reprocessing) è un particolare approccio psicoterapico, fondato su una metodologia messa a punto dalla psicologa statunitense Francine Shapiro, che consente di innescare un processo di rielaborazione dei vissuti traumatici in modo da consentire un’autoguarigione.
Per comprendere il funzionamento di questa particolare tecnica, occorre partire dal concetto di trauma e dal modo in cui gli eventi traumatici impattano sul nostro equilibrio psichico.
Ciascuno di noi, nel corso della propria vita, può venire a contatto con esperienze traumatiche, eventi dalla forte carica emotiva in grado di imprimere un forte segno, lasciare una traccia nella nostra psiche e influenzare il nostro modo di agire, pensare, relazionarci con gli altri. Questi traumi vengono classificati in due categorie, a seconda della loro entità: traumi con la T maiuscola e traumi con la t minuscola.
I Traumi con la T maiuscola si riferiscono solitamente a un evento preciso, collocabile dal punto di vista temporale, nel quale l’individuo vede messa a rischio la propria integrità fisica o quella dei suoi cari, vive un’esperienza di forte vulnerabilità e impotenza. Sotto questa “etichetta” vengono classificati eventi come lutti improvvisi o inaspettati, abusi, gravi incidenti stradali, violenze, omicidi, rapine, cataclismi e catastrofi naturali, attentati terroristici. Questo tipo di esperienze, talvolta, può provocare lo sviluppo di un disturbo da stress post-traumatico.
I traumi con la t minuscola, invece, sono più difficili da distinguere in modo chiaro. Spesso sono originati da eventi ripetuti nel tempo, ognuno dei quali non causa una percezione di minaccia all’integrità o alla vita, ma che portano con sé un vissuto di umiliazione e sofferenza, specialmente perché, in molti casi, si verificano nella fase di sviluppo, durante l’infanzia. Spesso si tratta di traumi relazionali, di ferite inferte che influenzano in modo molto negativo il concetto di sé dell’individuo, causando bassa autostima, ansia, paure irrazionali etc. In questa categoria rientrano le continue svalutazioni, le umiliazioni ripetute, rifiuti affettivi, la perdita del lavoro, l’esclusione sociale.
Nella maggior parte delle situazioni, il nostro cervello è in grado di elaborare autonomamente le informazioni associate al trauma, di reintegrarlo, consentendoci di “superarlo”. In alcuni casi, però, questo processo di autoriparazione del sistema non può avere luogo. Il nostro cervello non riesce ad adattarsi. Il trauma, a questo punto, rimane irrisolto. La memoria dell’evento viene registrata in modo diverso, come frammentato ma a quei pezzi di ricordo si associano pensieri, emozioni, sensazioni corporee molto intense e disturbanti.
I sintomi di un trauma non risolto possono essere:
- Ansia e attacchi di panico
- Depressione
- Ossessioni
- Sensazione cronica di solitudine e abbandono
- Bassa autostima
- Problemi relazionali
Terapia EMDR: come funziona
Indice
La terapia EMDR, come evidenziato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è un trattamento d’elezione per i disturbi legati al trauma e allo stress post-traumatico.
Nel corso di una seduta con EMDR, il terapeuta fa compiere al paziente, sempre vigile, dei semplici movimenti oculari oppure lo sottopone a delle stimolazioni tattili alternate destra-sinistra attraverso al tecnica del tapping. Questo tipo di stimolazioni attiva la comunicazione tra i due emisferi celebrarli, come nel processo che si verifica durante la fase REM del sonno, quella nel corso della quale si sogna. Allo stesso tempo, il terapeuta invita il paziente a rievocare e tenere a mente il ricordo dell’evento traumatico, notando sensazioni fisiche, pensieri, emozioni, immagini.
In questo modo vengono attivati tutti i canali dell’esperienza traumatica, tutti gli elementi che fanno parte del ricordo: quello somatico, quello cognitivo, quello emotivo, quello percettivo. Allo stesso tempo, però, si realizza una doppia focalizzazione che consente al paziente di mettere un piede nel passato, quello dell’esperienza vissuta, e allo stesso tempo tenere un piede nel presente, all’interno del luogo sicuro rappresentato dal setting terapeutico così da desensibilizzare il ricordo.
Dopo alcune sedute, i ricordi legati all’evento traumatico si modificano, perdendo la loro forte carica emotiva negativa e quelle componenti che prima creavano turbamento e disagio nel paziente. I pensieri intrusivi si affievoliscono e tendono a sparire, a non ripresentarsi più alla mente. Le emozioni associate al vissuto traumatico e le sensazioni fisiche si fanno meno intense, vengono come attutite.
Alla fine del percorso con tecnica EMDR, il vissuto traumatico non viene cancellato o rimosso ma risulta rielaborato e integrato con altri eventi della vita del paziente. Il passato viene collocato nel passato.
La vita può andare avanti.
Il protocollo per la terapia EMDR
Il metodo EMDR segue uno specifico protocollo, fissato in 8 diverse fasi:
1) Anamnesi e raccolta dati del paziente
La prima fase della psicoterapia EMDR ricorda l’inizio della maggior parte delle psicoterapie. All’inizio, infatti, il terapeuta dialoga con il paziente per raccogliere tutte le informazioni necessarie a stilare un piano terapeutico. Attraverso i colloqui, quindi, si ricostruisce la storia del paziente, si indaga sui problemi riportati e sui sintomi manifestati, sul passato e sul presente in modo da individuare i traumi con la t minuscola e i traumi con la T maiuscola. È un momento molto importante perché si gettano le basi del rapporto di fiducia tra paziente e terapeuta e di focalizzare i ricordi target su cui si lavorerà.
2) Preparazione del paziente
Nella seconda fase della terapia, il professionista instaura un’alleanza terapeutica con il paziente e gli spiega in modo chiaro in cosa consista il trattamento EMDR, come funziona e come sarà strutturato il percorso terapeutico. In questo frangente, si comincia a lavorare sulle risorse del paziente, aiutandolo nell’acquisizione di alcune tecniche di rilassamento, necessarie a chiudere le sedute che rimangono incomplete. Il terapeuta, infatti, deve assicurarsi che il paziente abbia le capacità per affrontare il disagio emotivo che potrebbe emergere in relazione al vissuto traumatico.
3) Assessment
Per ogni ricordo traumatico su cui si dovrà lavorare nel corso della psicoterapia, il terapeuta identifica tutti gli elementi associati (sensazioni corporee, pensieri, emozioni, cognizioni). In questa fase, viene scelto un target di partenza: si chiede al paziente di descrivere la parte peggiore dell’esperienza traumatica e di indicarne alcuni elementi cioè l’immagine che rappresenta il ricordo traumatico, la cognizione negativa che ha al momento su sé stesso in relazione a quel ricordo (per esempio “Sono impotente”), le emozioni e le sensazioni fisiche che avverte nel momento in cui si focalizza sul ricordo ma anche la cognizione positiva che vorrebbe avere di sé.
4) Desensibilizzazione
La quarta fase è quella in cui avviene la desensibilizzazione vera e propria del vissuto traumatico. Il paziente, correttamente informato e preparato dal terapeuta, viene sottoposto a una serie di stimolazioni (movimenti oculari o altra stimolazione bilaterale) mentre si focalizza sugli elementi del ricordo identificati nella fase precedente. L’invito rivolto al paziente è quello di notare qualsiasi cosa emerga spontaneamente dentro di sé, pensieri, emozioni etc. Qualunque cosa venga alla luce, il terapeuta chiede che si concentri su esso nel corso del set di movimenti successivo.
Questo intervento dura finché il ricordo traumatico non viene completamente desensibilizzato cioè fin quando il paziente non avverte più disagio.
5) Installazione della convinzione positiva
Obiettivo di questa quinta fase è quella di instillare e consolidare nel paziente la convinzione positiva identificata nel corso della fase di assessment, sostituendola alla cognizione negativa e legandola al vissuto traumatico.
6) Scansione corporea
A questo punto, ci si focalizza sul corpo, invitando il paziente a effettuare uno scan corporeo per evidenziare qualsiasi tensione residua. Se ce ne sono, si effettuano altri set finché la tensione si scioglie, scomparendo totalmente. Soltanto in quel momento si può dire che l’evento traumatico è stato elaborato poiché è stato dimostrato che il corpo reagisce ai pensieri irrisolti e mantiene le emozioni negative.
7) Chiusura
Arrivati alla conclusione della seduta di terapia EMDR, il terapeuta effettua un intervento di tipo psicoeducativo. Informa il paziente che, tra una seduta e l’altra, potrebbero emergere immagini, pensieri ed emozioni disturbanti, nuovo materiale che deriva dal processamento e dalla elaborazione ancora in corso. Questa fase serve a rassicurare il paziente. Inoltre, si richiede al paziente di tenere un diario in ci annotare con cura i disagi che affiorano, in modo da poter lavorarci lavorare nel corso delle successive sedute.
8) Rivalutazione
Questa fase apre ogni nuovo incontro. Il terapeuta chiede al paziente di accedere al ricordo traumatico su cui si è lavorato in precedenza per verificare che gli effetti terapeutici si sono mantenuti. Si prende in considerazione poi il diario per scoprire se ci sono altri target su cui operare.
Che problematiche e disturbi si possono trattare con la terapia EMDR?
La terapia EMDR viene utilizzata per trattare in modo efficace i traumi, le esperienze traumatiche e tutti i problemi legati allo stress. In modo più specifico, l’EMDR può essere utilizzato per:
- Disturbo da stress post-traumatico
- Disturbo da stress acuto
- Disturbo post-traumatico complesso
- Disturbi dissociativi
- Disturbi dell’adattamento
- Disturbo reattivo dell’attaccamento
Quanto dura una terapia EMDR?
Il trattamento con l’EMDR può durare da un minimo di un mese (da 1 a 3 sedute) fino a oltre un anno. La durata del trattamento, infatti, dipende dal tipo di problematica da affrontare, dal numero e dall’entità delle esperienze traumatiche e anche dalle conseguenze che esse hanno avuto sulla vita del paziente, da tutti i punti di vista (sociale, lavorativo, affettivo).
Una singola seduta di EMDR dura solitamente quanto una qualsiasi altra seduta di psicoterapia cioè circa 50 minuti, ma in fase preliminare si può concordare di effettuare sedute più lunghe (90 minuti) per facilitare l’immersione nel processo di rielaborazione. Questa eventualità, però, deve essere sottoposta a valutazione poiché il paziente non deve essere sottoposto a un carico emotivo eccessivo.