BY: admin
Psicologia e cinema
Comments: Nessun commento
Cosa significa trauma psicologico?
Per parlare di trauma è necessario, innanzitutto, risalire all’etimologia della parola, il serbatoio del significato: trauma viene dal greco e significa “ferita, lacerazione”. La parola trauma si usa comunemente in medicina per indicare una lesione prodotta ad un organo o ad una qualsiasi parte del corpo (trauma cranico, trauma al ginocchio) da un evento o oggetto esterno che ne compromette il funzionamento. Se si passa dal piano fisico e materiale a quello psicologico il senso non cambia: il trauma è una ferita interiore, un evento tanto dirompente da destabilizzare la persona che lo vive.
Si tratta di uno shock che non può essere integrato all’interno del sistema psichico pregresso, una scossa che mina le fondamenta della struttura mentale fino a comprometterne la coesione interna. Può essere un incidente in auto, un abbandono, un abuso, un grave lutto. Le situazioni traumatiche sono tante, ma le conseguenze sul piano psichico e l’entità del danno non dipendono dall’evento in sé e per sé, ma da come viene vissuto lo shock psicologico. In particolare non è il terrore derivato dall’esperienza a innescare il trauma quanto il senso di impotenza e vulnerabilità di fronte ad una minaccia esterna.
Un esempio significativo di modalità diverse di affrontare un’esperienza potenzialmente traumatica si trova ne “Il cacciatore”, film di Michael Cimino del 1978, passato alla storia come uno dei più celebri film di guerra.
Due modi di vivere il trauma: il cacciatore di Michael Cimino
Sono gli anni delle guerra del Vietnam e della leva obbligatoria. Tanti giovani americani partono per servire il proprio paese, senza sapere se torneranno vivi. Durante un’azione militare tre ragazzi vengono catturati dai Viet Cong che decidono di divertirsi sadicamente con loro. Li sottopongono al crudele gioco della roulette russa: inserire un proiettile nel tamburo di una rivoltella (che può contenere sei colpi), farlo ruotare alla cieca per poi puntarsi la pistola alla tempia e premere il grilletto. Sperando di non spararsi in testa.
Steven, il più timido e fragile, non riesce a reggere la tensione emotiva e crolla, finendo con lo sparare al soffitto. Il suo atto di debolezza fa sì che venga punito, chiuso in una gabbia immersa nel fiume e piena di topi. Michael, interpretato da Robert De Niro, dimostra una superiore capacità di mantenere il sangue freddo e i nervi saldi, prestandosi al gioco per volgerlo a proprio favore. Convince l’altro prigioniero, Nick, a scommettere il tutto per tutto in un’azione quasi suicida: fa inserire, infatti, tre colpi nella pistola allo scopo di eliminare i propri torturatori, aumentando così però anche le probabilità di rimanere ucciso da una delle pallottole. L’escamotage ha successo e i tre riescono a fuggire.
Michael e Nick hanno vissuto la medesima esperienza, ma in modo profondamente diverso. Tutti e due riportano ferite fisiche ed emotive. Ma quello che rimane segnato è Nick, quello che ha visto la morte più vicina, avendo accettato passivamente di seguire il piano dell’amico, condannato a portare su di sé lo stigma del trauma.
Il turbamento profondo con il quale ha fatto i conti Nick ha inciso un ricordo indelebile nella sua psiche, lo ha disancorato da sé stesso. Il trauma chiude la vita e ferma il tempo e l’individuo traumatizzato rimanere letteralmente imprigionato nel momento peggiore della propria vita. È come se quell’esperienza continuasse a ripetersi senza fine nei ricordi, nei sogni, ma anche e soprattutto nella vita quotidiana che non è più la stessa.
Nel film vediamo Nick aggirarsi da solo per Saigon (l’attuale Ho Chi Min) e ritrovarsi di fronte ad un locale dove i vietnamiti si radunano per scommettere alla roulette russa. Dal rumore di armi da fuoco intuisce subito cosa sta accadendo lì dentro e vorrebbe allontanarsi, ma un uomo lo ferma e lo convince ad entrare e prendere parte al gioco. L’esperienza traumatica si ripete, è Nick stesso a mettersi in condizione di riprodurla nuovamente. Questo atto non è altro che la declinazione filmica di una delle principali conseguenze del trauma: la coazione a ripetere, l’impulso insopprimibile e del tutto inconscio a ricreare la situazione del trauma.
Tutta l’esistenza di Nick, privo di un supporto psicologico adeguato, incompreso da chi gli sta intorno, continuerà a ruotare su quell’unico evento, riprodotto ancora e ancora fino all’atto finale. Il film si chiude, infatti, nel momento in cui Michael e Nick si ritrovano l’uno di fronte all’altro ancora una volta, di nuovo in Vietnam. Qui è rimasto Nick, ormai divenuto un esperto giocatore della roulette russa, schiavo dell’eterno e fallimentare tentativo di esorcizzare il trauma che finisce con l’ucciderlo.
Cosa comporta il trauma psicologico: la coazione a ripetere
Quello di Nick, shockato dalla guerra in Vietnam, è soltanto un esempio estremo di quelle che sono le conseguenze del trauma. Prima fra tutte la ripetizione ossessiva e inconscia del vissuto traumatico, la coazione a ripetere che alimenta l’illusione di poter controllare l’evento nel momento in cui lo si ripropone in modo attivo. La coazione a ripetere non è così manifesta ed evidente come nel film, ma si insinua nel nostro vissuto molto più spesso di quel che si crede.
Molti di noi vivono nella coazione a ripetere senza saperlo, spesso perché il trauma che l’ha generata è avvenuto in un’epoca troppo remota, prima dei 3 anni di vita o è stato rimosso. Essere stati esposti precocemente a un’esperienza di abbandono – che non significa necessariamente essere abbandonati per sempre, ma può esemplificarsi anche nell’essere lasciati da solo a piangere tutta la notte, senza ricevere il conforto e le cure necessarie – vivere un abuso, un rifiuto o la mancanza di amore e comprensione da parte di un genitore lascia un’impronta nell’inconscio che condiziona l’esperienza futura. La ricerca di figure simili a quelle che hanno modellato il nostro universo affettivo nei primi anni di vita, quando esse sono state abbandoniche, svalutanti, incapaci di investire le proprie risorse emotive su di noi è uno dei modi in cui si realizza la coazione a ripetere. Cerchiamo di replicare quelle situazioni, quelle relazioni, per poterle padroneggiare. Viviamo incastrati nel passato, continuando ad applicare lo schema che abbiamo acquisito.
Trauma psicologico: comprenderlo per superarlo
Dal trauma si può uscire. Non è vero, come lascerebbe intuire una lettura superficiale de “Il cacciatore”, che il trauma uccide chi se lo porta dentro. Esiste la possibilità di rompere il cerchio e far ripartire il tempo, smettendo di farsi del male. Il film ha un finale tragico perché l’individuo traumatizzato è rimasto da solo, non c’è un terapeuta che si interponga tra la persona e il trauma.
Scopo della terapia individuale è quello di far ripartire le lancette dell’orologio, ferme al momento in cui si è vissuto lo schock destabilizzante. Il primo passo è l’identificazione del problema, che può avvenire ripercorrendo a ritroso la storia delle relazioni; vi è poi la presa di coscienza cognitiva, la possibilità di riconoscere consapevolmente la matrice delle proprie azioni. La consapevolezza, però, non sarebbe sufficiente se non si passasse anche attraverso il piano emotivo, che è quello su cui agisce la risposta traumatica.
La presa di coscienza emotiva può passare attraverso due modalità all’interno della relazione terapeutica: il transfert e lo psicodramma. Quando si verifica il transfert con il proprio terapeuta, il paziente che ha sperimentato un trauma cerca, inconsapevolmente, di riproporre il vecchio vissuto relazionale proiettandolo sul nuovo rapporto. Il traumatizzato ripresentifica il passato, legge e interpreta la realtà alla luce di quello specifico evento e sta al terapeuta far capire che la relazione che sta vivendo nel qui e ora è del tutto inedita e non presenta i caratteri che aveva quella originaria, alla base del suo malessere.
Lo psicodramma, invece, permette di rivivere quel particolare momento elaborandolo, avendo effettivamente la possibilità – attraverso la drammatizzazione e il cambio di copione – di controllare le dinamiche degli eventi e, finalmente, dare il proprio finale alla storia.
Il Trauma: la lacerazione interiore che blocca nel passato
ultima modifica: 16/10/2017
da