BY: admin
Psicoterapia
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Ogni anno durante il periodo estivo, proprio a ridosso delle ferie e delle vacanze, alcuni pazienti presentano un aumento dei sintomi nevrotici. Compare una sorta di ansia da vacanza che prende varie forme e si manifesta in modo più o meno forte, dall’ansia di grado leggero fino a sfociare in veri e propri attacchi di panico o in fobie di varia natura (ad esempio la paura di prendere l’aereo).
Da una parte c’è sicuramente una correlazione con il variare delle temperature, l’aumento del caldo che altera alcuni equilibri e colpisce maggiormente chi è predisposto ai disturbi d’ansia e alla depressione. Ma non c’è soltanto una spiegazione di tipo fisiologico alla base della forte sensazione di disagio che si incontra durante l’estate.
Ansie estive, il disagio che rovina le ferie
Indice
Innanzitutto l’ansia che sorge durante il periodo delle vacanze può declinarsi in vari modi che, però, sembrano avere una radice comune.
Può trattarsi di un’ansia legata al dover cambiare la propria routine, sconvolgendo le abitudini acquisite nel tempo e radicate nella quotidianità, perdendo il contatto con quegli elementi che l’individuo riconosce come familiari e rassicuranti. Andare in vacanza significa doversi adattare a ritmi diversi, staccarsi da tutti quei piccoli riti e quelle azioni che caratterizzano la giornata tipo di ciascuno.
Oppure il senso di disagio che si percepisce quando si comincia a parlare di ferie è legato all’esigenza di allontanarsi da casa, partire per un’altra meta, lasciandosi alle spalle – anche se per un periodo brevissimo – il luogo “sicuro” per eccellenza.
C’è poi l’ansia legata specificatamente al prendere dei mezzi, come l’aereo.
Infine una quota di ansia e preoccupazione può derivare dal fatto che il momento di vacanza e di stacco dal lavoro ci mette di fronte alla possibilità di entrare maggiormente in intimità con il partner o con la famiglia, cosa che spesso non accade durante il resto dell’anno. Il lavoro e gli impegni fanno sì che la maggior parte del tempo sia vissuta fuori di casa, lontano dagli affetti, con cui si condividono soltanto alcuni momenti serali. La vacanza, invece, impone un contatto costante, che può diventare una fonte di stress e ansia.
Le abitudini come difesa e la paura del cambiamento e dell’intimità
Le ragioni alla base di questo disagio che insorge puntualmente a ridosso dell’estate vanno ricercate nella nostra struttura psichica. Come abbiamo evidenziato, infatti, il periodo delle vacanze si associa a dei cambiamenti. È qualcosa che interrompe il normale flusso della quotidianità, che è divenuto una sorta di schermo protettivo. La vacanza rappresenta un momento in cui ci si rimette in gioco, ci si allontana dal quotidiano per andare verso il nuovo, l’inesplorato.
Ed è proprio questo che innesca gli stati ansiosi.
Per spiegarlo occorre far riferimento alla teoria dell’attaccamento di John Bowlby e ai suoi sviluppi successivi. Lo studioso, nel corso delle proprie ricerche, ha infatti evidenziato come la figura di riferimento del bambino (chiamata figura di attaccamento) rappresenti una base sicura, che fornisce appoggio e protezione e consente al piccolo di cominciare a esplorare il mondo. Questa relazione primaria costruisce la nostra stabilità emotiva.
Se, infatti, la figura di attaccamento è in grado di rispondere in modo positivo e adeguato ai bisogni del bambino, questo svilupperà un attaccamento sicuro e sarà in grado di allontanarsi, di esplorare, di trovare in sé stesso le risorse necessarie a prendersi cura di sé. Se, invece, la figura di attaccamento si è dimostrata mancante, deprivando il bambino, la stabilità emotiva di quest’ultimo risulterà fortemente compromessa. Il bambino, poi adulto, cercherà di costruirsi delle difese e di rifugiarsi in un mondo stabile e in qualche modo rigido, essendo inibito all’esplorazione.
Ci si illude, in poche parole, di poter creare una stabilità emotiva creando una stabilità nei fatti. Creando una routine rigida ci si sente al sicuro e ci si protegge dall’imprevisto. La routine così non è altro che un assetto difensivo.
In alcuni casi questo tipo di dinamiche difensive ha a che vedere con il lavoro vissuto come maschera nel senso junghiano del termine. Maschera cioè non sta a indicare un elemento estraneo all’individuo, ma qualcosa di autentico, che fa parte della personalità e tuttavia mette in ombra altre sfere della vita. Applicando questo concetto al lavoro si vede come un elemento produttivo, che dovrebbe dare soddisfazioni e permettere all’individuo di coltivare sé stesso si trasformi in un alibi per bloccare gli aspetti emotivi e relazionali (stare in coppia, stare in famiglia, fare nuove esperienze, stare a contatto con persone diverse).
Dunque l’ansia che si scatena di fronte alle vacanze, al vuoto da colmare con il nuovo, alla perdita della routine rassicurante e delle abitudini spesso è un sistema che si innesca proprio per boicottare le ferie, per impedire che si verifichino condizioni in cui non ci si sente più al sicuro nel proprio mondo fatto di certezze e ripetizioni.
La paura di allontanarsi da casa viene razionalizzata dicendo che in un posto lontano, estraneo, non si è orientati, non si sa come fare o chi chiamare nel caso di problemi, incidenti, malori..
La paura dei mezzi di trasporto, invece, si lega più al senso di colpa derivato dal profittare di un mezzo che moltiplica le possibilità, che apre all’esplorazione e alla libertà. È una fobia che ha a che fare con il senso di colpa ad affermare sé stessi. Innesca un conflitto nel momento in cui l’individuo non si sente in diritto di affermare sé stesso.
L’ansia che deriva dal contatto protratto con la famiglia o con il partner rivela infine una difficoltà nella relazione primaria, quella con i propri genitori. Vicinanza e intimità si traducono in senso di soffocamento, oppressione. Si ha bisogno dell’altro, per colmare i propri vuoti affettivi, ma allo stesso tempo non si è in grado di “sopportarlo”, si sviluppano delle difficoltà relazionali ed emotive.
L’ansia estiva nella stanza dell’analista
Per un paziente che ha intrapreso un percorso di psicoterapia è opportuno ritenere che un’altra concausa degli stati di ansia e dell’intensificarsi di alcuni sintomi sia la classica pausa estiva dalla psicoterapia, quel periodo durante il quale si interrompono momentaneamente le sedute con il terapeuta.
In ogni caso, nella stanza del terapeuta, queste ansie e disturbi possono rivelarsi un’opportunità preziosa per lavorare sul proprio sé e per far luce sul passato. Il compito specifico del terapeuta è prendere in carico il disagio del paziente e trasformarlo in un prezioso momento di scoperta. Lo scopo è quello di restituire all’individuo la sua libertà da maschere e sistemi di difesa che lo inibiscono perché possa esprimere a pieno le sue risorse e potenzialità, entrando in relazione profonda con l’altro.